Biografia

UN PERFETTO SCONOSCIUTO

Molti di voi ricorderanno di aver almeno una volta guardato, o se non altro sapranno dire quanto forte era la curiosità di guardare in un caleidoscopio. Colori che si componevano in casuali simmetrie, poeticamente disordinate. E sembrava tristissimo scollare l’occhio divertito da quel tubo opaco spesso costruito da soli, arrotolando un foglio di carta pesante. Vedendo le opere di questo sconosciuto si rimane toccati dalla vividezza dei colori che crea e che sembrano dilatarsi come materia organica sulla tela o sulla carta ove sono state impresse.

     Intanto questo sconosciuto viene da una terra di millenaria cultura, la Sicilia e del suo paese reca la sorridente gentilezza e un acume quasi pitagorico. Per motivi di lavoro non legati alla sua arte è trapiantato in val Vibrata; non vanta un atelier, non ha ottenuto riconoscimenti perché è schivo nell’esporre le sue opere o meglio, semplicemente, perché non espone; non sbandiera nessuna immaginifica teoria di plasmare il colore, non farnetica come molti che si chiamano artisti e soprattutto adorano essere definiti come tali, non possiede i migliori pennelli del mondo, usa anche i pezzi delle matite che suo figlio butta via; praticamente non ha nulla che non sia necessario, la vena creativa copiosa come un torrente che si gonfia a primavera. E inventa, traduce qualche sua visione in miriadi di colori, tratti, segni che registrano la curiosità dei distratti perfino. Ma la sua arte, espressione purissima di un uomo che vive ogni giorno, sfiora la forma dell’immortalità. È nulla ed è tutto; è quello che si vede, ma sopra ogni cosa, è quello che si intuisce in una astrattezza grondante di colore, di sprazzi luminosi, di pennellate robuste, di trame esili che lasciano nella penombra l’occhio indifferente nulla concedendo a chi dell’utopia non vede i segni.

     Ora che vedete qualche piccolo saggio dei suoi impulsi mentali divenuti colori, quest’uomo che sapete siciliano, già è un po’ meno sconosciuto. O forse è d’improvviso interamente noto.

      La sua tecnica è quasi irrazionale, se non altro molto istintiva: graffi di negativi, sovrapposizioni di colori all’immagine sviluppata, tele ispessite da centinaia di pennellate, autentiche contraffazioni della sua personale idea di arte.

      In mezzo a tante carte ammucchiate in una stanza che è il suo studio, la sua biblioteca, il suo laboratorio, la sua aula,  è professore di elettrotecnica, miracolo della contraddizione!,  le opere sopravvivono al disordine che sfugge alla sua creazione perché lasciato libero, non imbrigliato in nessun luogo comune o canone, il suo pensiero d’arte. E tra quelle gemme balenano pezzi di tela che non saranno mai finiti, egli non sente la necessità di produrre pur di fare numero, di approntare una determinata quantità, quantità!… che orrore nell’arte!, in vista di una esposizione, si sente libero di fare, è libero di inventare. In un palchetto a parte, fuori e dentro scatole di plastica trasparente, si vedono decine e decine di sassi decorati, potrebbero essere monili dice con noncuranza. Quelle stesse folgoranti simmetrie colorate delle sue opere guizzano su queste pietre, lavori del tempo libero, ammette con gioviale disincanto. Ne prendo qualcuno e m’accorgo della bellezza miniata che davvero esalterebbe la grazia di una donna.

      Il mare per anni ha levigato quei sassi, impressionante deve essere il numero delle onde in balia delle quali sono stati e finalmente quando si adagiano sul lido sabbioso, egli nelle sue peregrinazioni raccoglie quelli perfetti e vi imprime il sigillo della sua arte, per sempre.

     Ora è noto a voi tutti un uomo d’arte che evita le incombenze dell’arte quando essa diventa ambasciata della simulazione o della ipocrisia o della temibilissima doppiezza. E che non ama oltre il suo nome di essere chiamato artista.